Responsabilità delle società sportive e adozione del modello organizzativo ex D.lgs. n. 231/2001
- Excellentia11
- 23 apr
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Il Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI — con decisione n. 20 del 2025 nei ricorsi riuniti nn. 61 e 62 — è intervenuto circa la scriminante di cui all’art. 7, comma 1, del CGS FIGC, applicabile al fine di escludere o attenuare la responsabilità delle società sportive qualora quest’ultime abbiano adottato dei modelli di organizzazione gestione e controllo.
La vicenda processuale trae origine dal deferimento di una società sportiva per “violazione di cui di cui agli artt. 4, comma 1 e 31, comma 1, del C.G.S., per aver violato i doveri di lealtà, probità e correttezza, per aver depositato presso la Co.Vi.So.C., in data 1° luglio 2024, una dichiarazione attestante circostanze non veridiche […] per responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del C.G.S., per gli atti e i comportamenti posti in essere dal proprio legale rappresentante; per responsabilità propria, ai sensi del Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I) par. IX), lett. A”.
Ciò premesso, per quanto interessa in questa sede, il Collegio ha operato delle rilevanti precisazioni in relazione allo strumento del controllo previsto dal c.d. modello 231, il quale — si legge nella decisione de quo — “è da ritenersi un presidio di legalità teso alla prevenzione, in una ottica di attuazione del principio di autoresponsabilità, dei reati e dei comportamenti dannosi da questi derivanti, a tutela sia della compagine sociale che dei terzi che con quest’ultima hanno relazioni dirette ed indirette”. Tuttavia, l’esistenza di un modello 231 non costituisce di per sé una ipotesi di salvacondotto o di passe-partout nel senso che basta averne adottato uno (di modello) che qualsiasi cosa accada sia da considerarsi scriminata ovvero attenuata di responsabilità. Invero, il supra citato art. 7, comma 1, del CGS FIGC chiarisce che “Al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società di cui all'art. 6, così come anche prevista e richiamata nel Codice, il giudice valuta la adozione, l’idoneità, l’efficacia e l’effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all'art. 7, comma 5 dello Statuto”. In questo senso, “l’analisi delle vulnerabilità di un modello organizzativo ai sensi del D.lgs. n. 231/2001 richiede una valutazione approfondita delle procedure, dei controlli e delle misure di prevenzione implementate dalla società”.
In particolare, nel caso di specie, il Collegio ha evidenziato alcuni aspetti che palesavano la vulnerabilità del modello adottato dalla società:
Controllo e segregazione delle funzioni: se il modello non prevede una chiara segregazione delle funzioni e dei poteri, c'è il rischio che un singolo individuo, come un legale rappresentante, possa agire senza adeguati controlli.
Formazione e sensibilizzazione: un modello 231 efficace deve includere programmi di formazione per tutti i dipendenti e i collaboratori. Se non vi è stata una formazione adeguata, i dipendenti potrebbero non essere consapevoli delle procedure da seguire o delle conseguenze delle loro azioni, aumentando il rischio di violazioni.
Monitoraggio e audit: la mancanza di un sistema di monitoraggio e audit interno può rendere difficile identificare tempestivamente eventuali irregolarità o comportamenti scorretti. Se il modello non prevede controlli regolari, le violazioni potrebbero rimanere non rilevate fino a quando non è troppo tardi.
Documentazione e comunicazione: la presentazione di documentazione falsa o incompleta, evidenzia una vulnerabilità nella gestione della documentazione. Un modello efficace deve garantire che tutte le comunicazioni e la documentazione siano veritiere e complete.
Responsabilità e sanzioni: se il modello non prevede sanzioni chiare e misure disciplinari per le violazioni, potrebbe non essere efficace nel dissuadere comportamenti scorretti. La mancanza di un sistema disciplinare può portare a una cultura di impunità.
Adeguamento alle normative: un modello deve essere costantemente aggiornato per riflettere le modifiche normative e le best practices. Se il modello non è stato aggiornato in modo adeguato, potrebbe non essere in grado di affrontare le nuove sfide e i rischi.
Cultura aziendale: la cultura aziendale gioca un ruolo cruciale nell'efficacia di un modello 231. Se la leadership non promuove attivamente i valori di integrità e trasparenza, il modello potrebbe non essere rispettato dai dipendenti.
Al lume delle valutazioni espresse, appare evidente come la c.d. Cassazione dello Sport abbia fornito indicazioni di rilievo non solo per la definizione del caso concreto, ma anche in una prospettiva più ampia di orientamento interpretativo. Le osservazioni in merito all’effettività, alla concreta implementazione e alla dinamicità del modello 231 assumono infatti un valore paradigmatico per tutte le società sportive. Tali rilievi, lungi dal limitarsi a una disamina formale, evidenziano la necessità che i modelli organizzativi siano strumenti vivi e funzionali, coerentemente aggiornati, applicati con rigore e accompagnati da una reale cultura della compliance. In questo senso, la decisione del Collegio rappresenta un punto di riferimento utile per tutte le realtà sportive che intendano conformarsi a standard di autoregolamentazione efficaci, prevenendo situazioni di rischio.
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Dott. Mario Piroli
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